Aspetti psicologici del film di animazione della Walt
Disney
“Frozen: il regno di ghiaccio”
Il film d’animazione “Frozen: il regno di
ghiaccio”, è una favola liberamente ispirata a ‘La regina delle nevi‘
di Andersen. La storia di Elsa e Anna sono le
principesse-bambine del regno di Arendelle – bionda platino la prima, rosso
fuoco la seconda. Esse sono ancora attratte dai giochi segreti nelle stanze del
loro castello più che dal futuro regale che le attende. Una notte Elsa, che può
misteriosamente generare neve e ghiaccio con un semplice gesto delle mani,
mette in pericolo la vita di Anna. Terrorizzata dal proprio potere, si
rinchiude nelle stanze del palazzo fino ai 18 anni, giorno della sua
incoronazione. Durante la cerimonia perde il controllo del suo potere e congela
letteralmente il suo regno. Tacciata di stregoneria ma soprattutto per la paura
di nuocere a sé e agli altri, Elsa decide di scappare lasciando dietro di sé un
regno di ghiaccio e neve. É la sorella Anna ad imbarcarsi in un’avventura per
cercarla e riportare la primavera in tutto il regno.
Ho deciso di parlare di questo cartone
animato in quanto ritengo che porti a compimento un processo di mutazione
sociale e culturale del più classico prodotto disneyano. Se non ci si ferma
alla facciata di canzoni e battute, si scopre un cuore che gioca con gli
stereotipi narrativi, per favorire un percorso di maturazione parallelo dei
personaggi e degli spettatori. Il film di animazione propone per la prima volta
due protagoniste dai caratteri molto sfaccettati e lontani dall’immaginario
della tipica principessa. Se già anche in altre principesse (Mulan, Tiana,
Rapunzel e Merida) si ravvisava il
processo di emancipazione femminile, Elsa ed Anna rappresentano
pienamente la forza e la volitività di donne che sono indipendenti e che
possono farcela da sole. La trama portante, inoltre, non è questa volta una storia d’amore ma
l’affetto e la solidarietà fra due sorelle molto diverse tra loro anche se
entrambe indipendenti e problematiche.
Elsa ha passato la vita a nascondersi e a
reprimere la sua vera natura ed il suo dono. Questo l’ha fatta crescere isolata
e chiusa, ma alla prima apparizione pubblica il muro che si era creata attorno
è caduto, mostrandola in tutta la sua vulnerabilità. Quando si allontana dal
castello e si nasconde sulla Montagna del nord si assiste a un incredibile
cambiamento sia fisico che psicologico. In quel contesto la ragazza si sente
libera di esprimere il suo dono, di abbandonare i sensi di colpa e di sbocciare
in tutta la sua bellezza. Questo cambiamento è fondamentale e, grazie ad Anna,
Elsa si accetta e viene accettata. Come lei, anche Anna ha luci e ombre nella
sua personalità. Tanto quanto la sorella è chiusa e silenziosa, tanto
Anna è goffa, chiacchierona ed espansiva. Come le altre principesse
anche lei è ottimista per natura e in attesa del suo vero amore. Ma anche in
questo caso, man mano che la storia procede, Anna prende una diversa
consapevolezza e determinazione. La ragazza, attraverso la sua storia con il
principe Hans scopre che non è bene
fidarsi subito delle persone perché queste possono cambiare o non comportarsi
in modo autentico. Anna riconosce
inoltre che la coincidenza perfetta di
gusti e desideri, da sempre considerata il metro di valutazione del fidanzato
ideale, in realtà non è garanzia di nulla: né di amore eterno, né di un futuro
comune. Il partner ideale in questo
cartone smette i panni del principe aitante e di successo, per manifestarsi
sotto sembianze di normalità, timidezza, riservatezza. Cadono quindi gli
stereotipi del bacio e del principe
azzurro a favore di un “vero amore” che non è quello classico tra uomo e donna
(meglio se giovani, belli e di sangue blu), ma è l’amore fraterno tra due
sorelle che possono affrontare da sole le avversità della vita.
Credo inoltre che l’intero film possa anche
essere letto come un percorso di crescita interiore, che parte
dall'infanzia per sfociare nell'età adulta, alla ricerca della propria identità. Se l’infanzia e le giovinezza
sembrano scorrere al castello in modo tranquillo è poi l'ingresso nella vita
adulta, fatta di responsabilità e obblighi, a far crollare l'illusione, la
sicurezza momentanea. Come sempre avviene, il cambiamento spaventa e a volte fa
fare delle scelte in apparenza sbagliate. Ad Elsa è sempre stato insegnato a
nascondere una parte di sé che poteva arrecare danno ma, è proprio là, sola
sulla montagna, che inizia a rendersi conto che il problema parte da dentro,
che è solo lei la fautrice del suo destino e che negare a tutti (a se stessa in
primis) il suo potere non è la soluzione. È l'accettazione di sé il
primo vero passo verso la "nuova primavera", che getta le basi per sentirsi in
armonia con sé stessi e con gli altri. Acquisire una maggiore consapevolezza di
sé è certamente un percorso ricco di insicurezze e di ostacoli che possono far
insorgere paura e aggressività. Solo
amando ogni aspetto che compone la propria identità, anche quelle parti che
spaventano o che si preferisce nascondere, si può entrare nel mondo "dei
grandi" e governare il proprio regno fruttuosamente, facendo scelte basate
sulla giustizia (punizione del principe e interruzione dei commerci con il
paese non leale). Poiché , comunque, l’essere soli non è mai un traguardo, è la testardaggine e l’amore di una sorella a
riportarla agli oneri e agli onori della realtà e non la coercitiva passione
per un principe casuale a cui affidare destino e felicità.
In questo cartone anche la sorella minore,
come la maggiore, impara a crescere assumendosi le proprie responsabilità sia
nell’aiutare il suo regno sia nel ricostruire il rapporto con la sorella.
Crescere significa inoltre diffidare dell’abituale colpo di fulmine e a
costruire il futuro sull’esperienza e su una concreta indipendenza affettiva.
La giovane principessa, inoltre, nel film, capisce l’importanza di perdonare e
di riannodare rapporti spezzati ma non perduti.
In conclusione credo che “Frozen” sia una fiaba
intensa e positiva, che parla dell’ Amore non come pura espressione di un
sentimento ma come conoscenza delle proprie caratteristiche positive per il
bene proprio ed altrui. Tramite il pupazzo di neve Olaf si capisce inoltre che
amare significa mettere davanti ai propri interessi il bene dell’altro.
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